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giovedì 21 giugno 2018

Mettilo giù che così lo vizi

Torniamo a parlare di "vizi", un argomento che mi sta molto a cuore


Quanti di voi si sono sentiti dire "mettilo giù che così lo vizi" almeno una volta nella vita? Io direi tutti. Sbaglio?

il bisogno del contatto del neonato

Qualcosa si sta muovendo, ma la convinzione che tenere in braccio i bambini sia sbagliato è ancora tanto radicata, nonostante negli ospedali stessi, negli ultimi anni, siano cambiati completamente i protocolli.

Questo basterebbe a farci riflettere.
Basta pensare al contatto pelle a pelle (chiamato anche skin-to-skin) che viene praticato (spero) ormai dovunque, durante le prime ore dopo la nascita. Oppure al "rooming-in", ovvero la presenza costante del bambino nella stanza della mamma, CON la mamma. Per una vicinanza continua, senza separarli come avveniva fino a non molto tempo fa.
La mia generazione - e parlo di poco più di trent'anni fa - veniva ancora allontanata dalla mamma durante la degenza almeno per la notte, se non di più. In seguito a studi di neurobiologia e neuropsicologia, invece, hanno capito l'importanza di questo contatto continuo e gli ospedali sono i primi ad essersi adeguati.

Il bisogno di contatto del neonato è un bisogno primario tanto quanto quello di essere nutrito.


Risulta addirittura essenziale con i bimbi nati prematuri, che in questo modo hanno molta più probabilità di sopravvivere e di crescere scongiurando patologie importanti. Avete mai sentito parlare della Kangaroo Care? Viene chiamata anche marsupio terapia, e si tratta proprio di tenere addosso i bimbi nati pre-termine per poterne regolare la temperatura corporea, il respiro, per allattarli e stimolarli attraverso il contatto pelle a pelle con la mamma, ventiquattr'ore su ventiquattro.

Durante un corso che sto seguendo proprio in questo periodo mi è stato ricordato che il bambino viene al mondo quando la dimensione cranica ha raggiunto la misura oltre la quale non potrebbe più passare dal canale del parto, ma il suo sviluppo neurologico non è ancora giunto a termine. 


Tant'è vero che, contrariamente a molti cuccioli di altre specie, il cucciolo d'uomo è ancora completamente dipendente dai genitori senza i quali non potrebbe sopravvivere. Si parla di "esogestazione", ovvero i (circa) nove mesi successivi alla nascita durante il quale il bambino arriva GRADUALMENTE alla maturazione completa. Nove mesi in cui, soprattutto inizialmente, ricercherà quel contenimento, quel dondolio (da qui "dindalon" 😉) e quel calore che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita uterina e che gli daranno sicurezza, conforto e gli permetteranno di crescere sentendosi amato e compreso. E questo può ritrovarlo solamente attraverso le braccia della mamma (o della figura che se ne prende cura).

I neonati, quindi, non sono "furbi" né viziati, sono semplicemente istintivi, frutto di un bagaglio comportamentale che consentiva loro, migliaia di anni fa, di sopravvivere proprio grazie alla vicinanza del genitore.
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martedì 7 marzo 2017

Babywearing - Come è nato per noi l'amore per il portare

Vorrei raccontarvi di come è nato il nostro amore per il babywearing. 

 

portare il bimbo in fascia meitai
Babywearing significa "indossare il bambino".

Beatrice è nata con una grandissima propensione allo stare tra le nostre braccia (chiamala scema!). Non ha mai gradito la carrozzina, la palestrina, la sdraietta e, soprattutto, il suo bisogno di contatto è stato evidente da subito
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martedì 12 maggio 2015

Di che cosa hanno bisogno le mamme?

Recentemente ho stilato una lista dei pochi, pochissimi oggetti che servono realmente ad una una neomamma, al contrario di quello che si tende a pensare.

Ma come non parlare anche del contorno?
Quando mamma e cucciolo rientrano a casa dopo i primi giorni passati in ospedale, cosa serve per vivere al meglio un momento così delicato?
  • del tempo da dedicare al nuovo trio mamma - papà - bimbo, per entrare in sintonia e (ri)conoscersi; 
  • un ambiente sereno, fonte di energia positiva e sana, essenziale per affrontare al meglio quelli che sembrano problemi insormontabili dovuti alla novità;
  • circondarsi di (poche) persone fidate, che non giudichino le scelte che ogni neomamma si trova a fare, ma che, anzi, diano un po' di sostegno morale in questo momento di grande stravolgimento;
  • un aiuto esterno nella gestione della casa, in modo che la mamma possa dedicare le proprie energie al pargolo;
  • riposo: dormire quando dorme lui, anche di giorno. Sembra scontato, ma non lo è. Come il bimbo chiude gli occhi, il primo pensiero va alla cena da preparare, il bucato da stendere, il pavimento da pulire. Invece, la parola d'ordine è fermarsi;
  • creare una rete di conoscenze con altre mamme per confrontarsi e supportarsi a vicenda; il corso pre-parto, per esempio, potrebbe essere di grande aiuto in questo: io ho conosciuto delle splendide persone che mi hanno aiutato a sentirmi meno sola nelle ultime settimane di gravidanza e in quelle successive al parto (e non solo, perché il bisogno di condividere dubbi ed emozioni riguardanti il piccolo di casa non finisce mai!)


Questo post partecipa alla bellissima iniziativa del Bambino Naturale, #mammealnaturale, che vuole approfondire il tema dell'accudimento "secondo natura". Qui il link del progetto: http://www.bambinonaturale.it/2015/05/mammealnaturale-bisogno-mamme/
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