Non sono sparita, eh. Sono a casa con Beatrice malata da dieci giorni. Si è presa una brutta tonsillite, a poca distanza da quella di Natale. E, questa volta, non vuole saperne di passare.
Molti di voi sapranno che io sono per le cure naturali ma, questa volta, ho dovuto andarci pesante. Il pediatra, contrario ai medicinali sintetici tanto quanto noi, le ha dato il cortisone prima e, visto che non ha sortito alcun effetto, l’antibiotico dopo. Due cosucce. Ma quando ci vuole, ci vuole, e sono la prima a sostenerlo. Peccato, però, che nemmeno quest’ultimo abbia funzionato.
“Fa la pipì a letto?”, ci ha domandato.
All'ultima visita il medico non ha negato la sua perplessità verso quella che è sicuramente una stranezza, da cima a fondo. Tonsille gonfie come due palline da ping-pong, apnee notturne, zero febbre e nessuna reazione ai medicinali. Ha voluto approfondire. Ha chiesto se Beatrice, in questo periodo, sia particolarmente stressata. Mio marito gli ha parlato dell’asilo. Di quanto lo patisca. Della differenza abissale tra i giorni di scuola, sempre nervosa, oppositiva, arrabbiata, e quelli in cui è a casa per più di due giorni consecutivi, serena, comprensiva, accondiscendente.
Dopo una bella chiacchierata a riguardo (e la prescrizione di un anti-infiammatorio come nuova cura) la sentenza è stata che questa tonsillite abbia una forte componente psicosomatica. Bingo.
A scuola ci va, e non è che ci stia male. Gioca, dopo un intero anno passato ad osservare. Gira autonomamente per le altre sezioni, ha delle nuove amichette. Però è molto concentrata a non sbagliare, a comportarsi bene, a fare la donnina. A casa (per fortuna!) tira fuori tutta la rabbia che ne deriva e che lì trattiene. Ma non basta.
“Fa la pipì a letto?”, ci ha domandato.
No.
“Peccato, non si lascia andare nemmeno mentre dorme”.
Secondo lui non è un problema insormontabile, non è grave. Ma io vorrei tanto aiutarla.
Mi confronterò con le maestre per avere la loro opinione (quanto vorrei ci fosse ancora l’insegnante dell’anno scorso, senza nulla togliere a quella nuova) e spero di trovare una soluzione. Non so neanche quale possa essere, se non quella di frequentare un po’ meno. Magari allungare i weekend, per staccare di più.
D'altronde, non parliamo di scuola dell'obbligo. L'abbiamo iscritta alla scuola materna (non riesco a chiamarla scuola dell'infanzia, come sarebbe corretto fare 😅) convinti della grande opportunità che può dare, certi dell'importanza di socializzare e di rapportarsi con altri adulti che non siano solo famigliari, così come di imparare a stare in gruppo e a vivere in società . Però, dopo più di un anno che frequenta e che, in un modo o nell'altro, forziamo un po' la mano, possiamo affermare che non è la dimensione adatta a lei. Già solo per gli orari, con cui abbiamo grandi difficoltà ad adeguarci (e parlo al plurale perché vale anche per me!).
In questo momento mi pare che il disagio sia maggiore di quelli che sono i benefici. Non è facile ammetterlo, ancora una volta mi sembra di "fare quella diversa" ma, d'altra parte, quando si dice che ogni bimbo è a sé, vale un po' per tutto. Evidentemente anche in questo campo.
Considerando che la nostra educazione si basa sull'ascolto, questo mi pare un segnale forte e chiaro, che non ignoreremo.